A bolu” è un racconto corale, un viaggio attraverso la Sardegna alla scoperta di uno dei suoi patrimoni culturali più significativi, più profondamente radicato, praticato e vivo: il Canto a Tenore.

Le vicende dei personaggi sono narrate partendo dall’incontro più importante: il film inizia con una scena (flashforward) che anticipa quello che sarà il finale: una grande festa di popolo. La conoscenza dei volti, delle voci che lo spettatore scopre in quel contesto viene approfondita nello sviluppo del film che terminerà, a conclusione di un percorso circolare, dove inizia: nella grande festa comunitaria.

Il Film costruisce la sua ossatura narrativa alternando dinamicamente parti dialogate e Canti a Tenore; attraverso i Canti, nei loro testi e nelle loro strutture armoniche e ritmiche, vera matrice dell’opera, il film intesse una trama volta a narrare la Sardegna nel suo complesso e le sue specificità locali, il carattere e la vita della sua gente mettendo in evidenza il profondo senso di unità e coesione che da sempre contraddistingue le comunità sarde.

Interpretato dai cantori della Sardegna, dai loro gruppi di canto (Tenores), dagli appassionati e dalla gente comune, il film non si propone come un’indagine etnomusicologica, ma vuole essere un’opera in cui il Tenore è parte attiva della narrazione e diviene strumento principe e costitutivo del racconto.

Così, sempre in equilibrio tra il rigore formale del documentario e lo spirito libero del cinema, “A bolu” si apre alla scoperta dell’attualità culturale di una regione e della sua gente.

I Canti, autentica matrice dell’opera ed elemento principe del racconto, cuciranno le testimonianze di comunità che, senza rinnegare le proprie origini e il proprio trascorso, facendo perno sulla propria cultura si protendono oggi verso un presente in continua trasformazione di cui il Canto a Tenore diviene non mera celebrazione di un passato ormai lontano, ma originale interpretazione poetica e musicale di tematiche sociali particolarmente vive all’interno delle comunità sarde.

Il progetto nasce dalla consapevolezza dell’attrattività per un vasto pubblico internazionale di una delle più importanti espressioni culturali  della Sardegna: Il Canto a Tenore. Una cultura poetico/musicale viva e sempre attuale capace di adattarsi ai cambiamenti ma che essendo, come tutti i beni culturali immateriali, indissolubilmente legato alle singole comunità di cui è espressione, oggi soffre la crisi che attraversano i paesi dell’interno della Sardegna e in particolare lo spopolamento che mette a dura prova l’intera cultura di un popolo.

L’idea di fondo è quella di raccontare attraverso il canto a tenore la cultura materiale e immateriale di cui è espressione, le aree interne dell’isola con le loro eccellenze artistiche, archeologiche, culturali, ambientali, naturalistiche, artigianali, agroalimentari, turistico/rurali.

Obiettivo primario è la restituzione del Canto a Tenore, troppo spesso trattato quale “oggetto folkloristico”, al suo essere realtà culturale di grande pregio e valore, alla sua gente, alla Sardegna intera, ai contesti della realtà socio/culturale in cui si alimenta e dei quali è insieme espressione e matrice di trasformazione.

Il film, girato in sardo, rappresenta, per i contenuti trattati, per gli aspetti formali che legano l’estetica all’etica, per la concretezza scevra dai luoghi comuni e dalla retorica passatista, uno strumento di promozione (a livello locale, nazionale e internazionale) della cultura e della lingua Sarda.

“A bolu” è un “nonfiction film”, un documentario di creazione dai contenuti artistici, culturali, sociali senza fini strettamente descrittivi o divulgativi, un’opera musicale in cui necessariamente, visto l’argomento trattato, prevarrà la componente lirica e poetica.

Le riprese saranno realizzate con uno stile peculiarmente cinematografico, scevro da inestetismi sempre attento alle proprietà della fotografia in uno sguardo costantemente teso verso una visione fatta di immagini dalla grande forza evocatrice enfatizzata da movimenti di macchina prettamente cinematografici.

La cura posta all’aspetto estetico (dell’immagine e del suono) non comporta un tentativo di falsificazione del reale, ma piuttosto  il pieno svelamento delle potenzialità del reale; la scrittura cinematografica e la forma della composizione dell’immagine impiegati al servizio della realtà, allo scopo di cogliere la verità dei gesti propri della cultura pastorale di cui il canto a tenore è massima espressione, esaltandone la naturale teatralità evidenziata anche grazie alla scelta di usare, per le riprese, il formato panoramico (DCI 4K – 2,39:1) proprio del cinema.

“A bolu” si configura, quindi, come un film documentario musicale in cui la qualità visiva e sonora avrà fondamentale importanza nell’economia della narrazione.

Le registrazioni saranno in presa diretta ma senza per questo rinunciare alla qualità dell’audio; verranno effettuate con tecniche di ripresa audio 3D avanzate e grande attenzione sarà posta sulla spazializzazione del suono, che sarà registrato utilizzando le più moderne tecniche olofoniche, impiegando una testa artificiale (dummy-head) per riprodurre un’immagine sonora tale da ricreare una  rappresentazione esatta dello spazio acustico reale (in relazione alla posizione della macchina da presa), completa e emozionante, degli ambienti in cui verranno eseguiti i canti.

“Ho avuto a che fare con la musica sarda e il canto a tenore sin da giovanissimo (lavorando come fonico prima e in televisione poi), ma per molto tempo è stata una conoscenza superficiale. Solo molto tempo dopo quando, in occasione della produzione di un documentario, ho conosciuto Franco Davoli e il Tenore Supramonte di Orgosolo e, poco dopo, Sebastiano Pilosu, ho avuto modo di conoscere questo mondo dall’interno scoprendo come il canto a tenore non sia mera rappresentazione folcloristica, o riproposizione di tradizioni ormai scomparse, ma una pratica viva, capace di raccontare (ed essere) una realtà sociale e culturale in continua evoluzione. Questo ha rappresentato per me una rivelazione e insieme una sfida. Scoprire come i Canti siano capaci di raccontare (ed essere) una realtà sociale e culturale in continua evoluzione ha rappresentato per me una rivelazione e insieme una sfida: da qui l’idea del Canto quale elemento costitutivo del racconto e l’idea di cucire, attraverso esso, un tessuto narrativo e visivo volto a raccontare la particolarità di una cultura la cui identità si è consolidata , nei secoli, anche attraverso il Canto a Tenore. La presenza di Sebastiano Pilosu in qualità di co-autore, la cui competenza e conoscenza del fenomeno canto a tenore è di assoluto livello, assicurerà la scelta dei contenuti, indicando i protagonisti, caratteristiche, tematiche e modalità di svolgimento della produzione per quanto riguarda tutti gli aspetti più strettamente connessi con il canto a Tenore, la costruzione di un discorso narrativo in cui la bellezza e la dignità musicale e ideologica del Canto a Tenore.

Con Sebastiano Pilosu da subito ho capito di avere identità di vedute, uno scopo e degli obiettivi in comune circa il modo in cui affrontare il tema del Canto a Tenore, condividendo totalmente l’impostazione narrativa del film e la visione estetica. Ritengo che la combinazione di sguardi, esperienze e competenze diverse ma complementari riesca a dare compiutezza a un progetto complesso e articolato come quello di “A bolu”. Non ci sarà sovrapposizione di ruoli, ognuno darà il suo contributo in base alle diverse competenze.“

Davide Melis

“Ho iniziato a cantare a tenore quando avevo quattordici anni, ero un ragazzo timido e anche un po’ stonato, solo oggi capisco quanto questo canto, questo modo di fare musica in gruppo, di fare musica in paese, di fare musica in Sardegna, mi abbia insegnato sull’amicizia, sul mio paese e sulla mia terra. Ho cantato e ascoltato tenore per decenni, credevo di sapere tutto, poi a quarant’anni quasi per caso e certo per curiosità, ho frequentato il corso sperimentale di Etnomusicologia del Conservatorio di Cagliari. Mi ha cambiato la vita: da “vecchio” cantore a “giovane” studioso. Tutte le mie certezze svanite, tutto da ricostruire. Così la mia passione per questo canto, per quel che per me ha da sempre rappresentato, aveva occhi nuovi, nuovi orecchi, e senza che neanche me ne rendessi conto la mia vita, tutto il mio tempo si trasformava in ricerca. E oggi che ancora cerco di sapere, di capire, penso che, per chi studia con passione e rispetto storie bellissime come questa del canto a tenore in Sardegna, non sia importante dare risposte a tutto e tutto spiegare, quanto piuttosto descrivere o, meglio ancora raccontare, perché è nel racconto che si intrecciano personaggi e vicende, suoni, immagini ed emozioni, che possono svelare a chi guarda e ascolta il senso profondo che sta dietro l’apparente banalità di un gesto o di un canto.”

Sebastiano Pilosu

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